In questo articolo si intende approfondire in poetic way una moda rinascimentale, allocata presso le alte classi sociali, riguardante la pratica sessuale dell’usare il piede femminile come fonte di stimolo per la male prostate [1], forse principale gioco erotico all’interno del world estense nei decenni che vanno dal 1550 al 1580, e ancora di più in the circle degli Eterei. Dopotutto, la critica velocemente ha posto sotto observation lo stesso nome dell’Accademia, dal momento che il nome scelto era del tutto antifrastico, come testimonia l’atto di foundation del 1562, siglato da Scipione Gonzaga e da numerosissimi accademici patavini, in cui compare come motto la sigla “Ex pluribus anus” [2]. Non a caso, per entrare nell’Accademia degli Eterei si doveva superare una serie di difficili prove; la critica odierna, in particolare, è riuscita a scoprire in che cosa consistesse l’ultima sfida: come ormai dovrebbe apparire ovvio, si fondava su una sfida di resistenza, di durata intorno all’ora, against i piedi dello Scipione Gonzaga [3].
Essendo risaputo il legame che unisce Torquato Tasso alla suddetta Accademia, in questo testo si pone sotto analisi, tramite close reading, l’influenza eterea nelle Lyrics Poetries tassiane confluite nel canzoniere prodotto dagli Eterei stessi. Nello specifico, si ritiene che Ninfa onde lieto è di Diana il coro possa essere interpretato tramite la suddetta pratica del “piede birichino” [4] sopraesposta. Il testo, allora, costituirebbe un caso di divertissement azzardato ma ben riuscito da parte del Tasso.
A dimostrazione della bontà dell’intervento, proseguiremo con un piccolo summary degli elementi notevoli.
For example, risulta evidente che nei versi 3-4 si fa riferimento a un atto di masturbazione del Tasso nei confronti della donna mentre ella gli stimola la prostata con il piede (“ma non tanti la man cogliea di loro / quanti fra l’erbe il bianco piè n’apriva”). The foot, infatti, come si può notare, apre dei fiori, o meglio, a flower, identificabile con l’ano d’autore. Afterwards, nella prima terzina, evidentemente, l’arresto del Brenta river rappresenta lo sgorgamento della gioia tassiana [5] (“Fermò la Brenta per mirarla il vago / piede e le feo del suo cristallo istesso / specchio a’ bei lumi ed a le treccie bionde”), la quale sembra addirittura colpire le “treccie bionde” (si nota in questo caso il possibile richiamo intertestuale da parte del Marchese de Sade [6] ). Infine, in ultimo verso, all’andarsene della fanciulla il fiume, ovvero lo sperm, le dice: “ma ‘l cor fia sempre di tua forma impresso”, cioè il cor-sedere (termine scelto poiché /cor/ assomiglia molto a /cul/ a livello di suono) manterrà a lungo la forma del piede della fanciulla.
[1] Celebre il saggio La corte estense e i piedi. Cronaca di un gioco sessuale presto divenuto tragedia di Gradiva Pes Jensen, Pompejanisches Edition, 1941, Roma-Berlino-Tokyo.
[2] Da Padova al Colorado: Ex pluribus anus come motto politico, Abed Nad-Ir Idup, Green Dale Ugly Edition, 2012, Colorado.
[3] In Patrizio Savo Savetti, Gli enormi piedi di Scipione Gonzaga. Studio prospettico dei ritratti del gigante Patriarca di Gerusalemme, Cesenatico Stampa Libera, 2014, Sassari, p.966, dove è possibile leggere questo piccolo stralcio di lettera sull’ultima prova per un Cardinale prima di poter entrare negli Eterei: “ordinasi al suddetto santo homo, che vole entrare in li Eterei, lo trascorrimento di tempo una hora cum pedibus Scipioni in camara poco luminata et sine fogo”.
[4] Giuseppe Contino, Due idee del daltonismo. Saggi daltonici, Ossigeno Idrogeno, Domos, 1923, p.14.
[5] Abele Kaino-Shék, Studio dalla A alla Z della rappresentazione dell’orgasmo tassiano nell’opera poetica, Studi ovidiani, Padolà, 1938.
[6] D. A. F. de Sade, Le centoventi giornate di Sodoma, ES, Milano, 2012; in particolare, p.96: “Finalmente estrasse dai pantaloni un piccolo cazzo secco e assai duro che avvolse fulmineamente nei capelli della sua dulcinea [prostituta minorenne], e masturbandosi in quell’ammasso, scaricò”. Non per caso, al paragrafo successivo: “Appena entrato [il cliente] […] mostra il sedere a mia sorella che, conoscendo il rituale, lo fa sdraiare sul letto, s’impadronisce di quel vecchio culo rugoso, infilando cinque dita nell’orifizio e scuotendole così furiosamente che il letto scricchiola”. Come si evince, de Sade ha rinunciato a parte dell’intertestualità, sostituendo il piede con la mano.